Libro di Giorgio Cutini e Gilberto Marconi, presentazione di Tommaso Avati, Ed. ephemeria
Prefazione
Il libro fotografico è un prodotto inconsueto, un ibrido che di solito cammina a metà tra due mondi e che aspirando ad appartenere sia a quello delle immagini che a quello delle parole, rischia alla fine di non essere né uno né l’altro. In questo caso però, fin dalle prime righe, capiamo, avvertiamo, e presagiamo che ci troveremo davanti a qualcosa di diverso. Forse perché si respira una certa affinità tra i due, forse perché aleggia una sorta di sensibilità reciproca che impedisce ad entrambi gli artisti di sovrastare; forse perché fotografo e scrittore hanno un’idea dell’arte non dissimile. O forse solo perché quando le idee sono alte e ispirate, che siano scritte o fotografate, a prescindere dai codici insomma arrivano a chi le fruisce come qualcosa di ulteriore, come un di più che prescinde dal medium.
Perché “L’obiettivo della macchina è puntato verso l’esterno ma l’immagine prende forma dentro di sé per cui non si fotografa quel che sta fuori ma quanto si ha in animo”. Ed è esattamente quel che si fa quando si scrive, si tira fuori quanto si ha in animo e si prova a farlo nel modo più preciso ed onesto possibile, cercando di mettere a fuoco il soggetto con la stessa accuratezza del fotografo che gira la ghiera dell’obiettivo. In questo libro allora, i due autori riescono nell’impresa di consegnarci qualcosa di fluido, qualcosa che alla fine pare quasi un prodotto naturale, a cui potremmo persino abituarci.
È insomma come se leggendo queste righe e osservando queste istantanee ci si immergesse in un unicum autentico, e sincero, quasi come se i due fossero una persona sola. “…C’era bisogno che il rullino fosse transitato attraverso il liquido per tirar fuori l’immagine. La scrittura è quel liquido impressionabile che fa emergere le immagini nascoste dentro la narrazione che chi scrive si srotola prima in cuor suo” si dice in queste pagine, ed è proprio il prodigio a cui si assiste qui, dove scrittura e fotografia si fondono in uno strumento solo, dove le istantanee raccontano storie e i racconti evocano immagini. Questo libro è quindi un viaggio nella mente dello scrittore, attraverso racconti, ricordi, pensieri eruditi, aneddoti ed elzeviri. Ma è anche un viaggio tra le immagini oniriche del fotografo, mai eccessive, sempre misurate e intonate, che accompagnano la lettura così come la lettura accompagna loro. Immagini – tanto quelle visive quanto quelle letterarie – che a volte, vale la pena notarlo, sorprendono per la capacità di caricarsi di ironia, di potenza e di mistero e che per tutte queste ragioni sanno farti tornare in mente gli scatti di un grande maestro come Mario Giacomelli.
Tommaso Avati