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Giorgio Cutini Fotografo

“Requie(m)” (selezione di circa 45 fotografie, 2024)

La fotografia del trittico “Nessun rumore… sssh!” (2021) rappresentano l’avvio e la motivazione degli ultimi due lavori eseguiti: “Del silenzio per frammenti” (2022) e “Requie(m)” (2024). Il tema del silenzio circa 85 immagini, ideologico e visionario, a sua volta si suddivide in, Bianco (la nascita), Grigio (la vita) e il Nero (la morte). Anche Requie(m) inizia con un trittico “Tulipano nero” ed è la rappresentazione pragmatica del deterioramento della vita del fiore, fino alla sua morte. Nella serie vi è anche un terzo trittico “Agapanto”, che è un fiore ormai secco nelle mie mani, ma il mio volto è in movimento, per sublimare la vita che ancora prosegue. Tutte le immagini difficilmente percepibili, danno una vaga forma all’assenza (vuoto) attenuando la delusione. E’ anche un impegno della memoria per rievocare e mantenere un legame con i rarissimi e lontani ricordi di una persona importante, mio padre, persa quando avevo tre anni.
Con “Requie(m)” ho cercato di raggiungere, mediante una ricerca radicale e mirata ad una essenziale spiritualità, di costruire un’immagine di una minima riconoscibilità che contenga insieme, un concetto di finito e di infinito. E’ importante guardare le foto in tutte le condizioni di luce e da varie posizioni per cercare di afferrare le sottilissime mutazioni dei riflessi che la luce permette di evidenziare. Le immagini spinte fino al massimo del nero, costringono lo sguardo dell’osservatore, a cercare di identificare i confini delle forme, difficilmente distinguibili nella messa a fuoco della vista a causa della intensità del nero: è un viaggio nelle tenebre della notte. C’è uno scollamento fra gli “oggetti” rappresentati e la mia presenza di soggetto fotografo. Nella scena, difficilmente riconoscibile, vi è la percezione dell’ ”oggetto”. Il nero è il limite assoluto oltre il quale non c’è più nulla, è la quiete e anche la conclusione definitiva: Requie(m).
L’idea di usare gli “oggetti” è nata da un vecchio progetto che avevo programmato dopo la lettura del filosofo Jean Baudrillard che fin dalla sua età giovanile si era interessato anche e soprattutto dei piccoli oggetti, ornamento di “bacheche e caminetti”, tanto da dichiarare “l’ossessione primaria di cui ho ricordo è quella dell’oggetto, ma in senso un po’ magico”. Tutti ci confrontiamo con gli oggetti in qualunque momento, feticci, falsi e numerosi, qualunque oggetto spogliato della sua funzione può divenire un’opera d’arte. La figura, il corpo, il fiore, l’oggetto d’affezione, sono le tematiche che ho preso in considerazione per riflettere sulla memoria e sul pensiero della vita trascorsa e sulla fine di essa. Questa idea di fotografia ha anche lo scopo di voler contribuire ad una vita vissuta in maniera più consapevole, migliore, esaltando l’incanto spirituale dell’illusione e, come sostiene il filosofo, ”è dall’assenza che nasce l’intensità”.
g. c.














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